Dal parcheggio nella zona industriale sotto Premana ci avviamo sulla strada
sterrata che si addentra piacevolmente nella valle. Siamo diretti al Rifugio
Casera Vecchia di Varrone, passando per l'Alpe
Forno, e ai pochi bivi che incontreremo seguiremo sempre queste indicazioni.
Superato il bel ponte in pietra un cartello elenca varie destinazioni; ci
attende una piacevole, lunga camminata: nonostante il dislivello piuttosto
contenuto (675 m) e un tracciato senza strappi, la considerevole estensione di
questo itinerario ci terrà impegnati per parecchie ore - sono ben 9 km sino al
rifugio, e altrettanti al ritorno. Ci troviamo inizialmente sul lato sinistro
orografico della valle, fresco e ombreggiato, ma sino al rifugio cambieremo
versante, attraversando il torrente, almeno 5 volte. Passiamo un tratto
suggestivo affiancato da verticali pareti rocciose poi in pochi minuti siamo
all'Agriturismo Giadi, nei pressi del nucleo
di Gebio. Qui seguiamo la
freccia indicante il Rifugio Varrone per poi prendere subito dopo a destra nei pressi della
fontana. Camminiamo (1 ora e 20' dall'inizio) tranquillamente mentre la
sterrata prende quota con gradualità ed eccoci in vista dei maggenghi dell'Alpe
Forno (circa 1200 m - vedi nota sotto). D'improvviso si è aperto uno scenario
diverso: la valle si è allargata e con la luce del sole che irrompe da un
avvallamento laterale, le casette, strette una all'altra, sembrano dar vita a
un paesaggio da presepe. Il villaggio è composto da 2 nuclei, noi passiamo da
Alpe Forno di sopra (lato destro della valle). Il sentiero si stringe, si
addentra nel bosco di larici e rododendri: ci sono anche zone attrezzate per
picnic e grigliate. Qui un pannello spiega la storia della 'strada del ferro' e dell'economia della
valle. Avvicinandoci alla soglia superiore della valle la mulattiera prende a
salire con più determinazione, in un disegno regolare modellato su ampi
tornanti; scorci di impervie pareti rocciose si alternano a suggestivi passaggi
sul torrente mentre in lontananza si delineano le forme eleganti delle vette
più elevate. Lasciata a destra l'indicazione per l'Alpe Arpino proseguiamo in un
paesaggio di aperte praterie che ci fa intuire l'avvicinarsi della meta, senza
però svelarla ancora. D'inverno i tratti in ombra della strada parzialmente
cementata possono rivelarsi piuttosto insidiosi: qui fare attenzione per non
farsi male in una banale scivolata. L'ultimo tratto di strada compie un
percorso semicircolare intorno a un rilievo rotondeggiante. Camminiamo ormai da
quasi 2 ore e 50 e siamo decisamente ansiosi di arrivare: finalmente all'ultimo
ponte sul torrente una palina ci dà il rifugio a 10 minuti. Ci siamo, ancora
poche centinaia di metri ed ecco la piccola baita finalmente in vista. Un
rifugio piccolo, ben sistemato e accogliente. Aperto nei weekend anche
d'inverno, offre piatti tipici e dolci fatti in casa decisamente stuzzicanti.
Al ritorno ripercorriamo sostanzialmente lo stesso sentiero.
